Non per tutti è facile calarsi nella situazione, ma sicuramente lo è per il gabbiano Jonathan Livingston, grandissimo praticatore di cadute involontarie.
Nessuno come lui ha provato e riprovato e sbagliato... e nessuno come lui è diventato poi tanto esperto di volo, con felicità, se non dello Stormo Buonappetito che lo allontanò dalla comunità, di chi legge il libro di Richard Bach.
Il trucco - gli balenò alla fine in mente, quand'era ormai fradicio - consiste nel tener le ali ferme. Sì: remeggiare finché non sei sulle cinquanta miglia, poi tener salde le ali.
Fin da subito gli era chiaro che per volare quanto meno il peso che trascina verso il basso deve essere compensato dalla portanza, cioè la forza opposta dovuta allo scorrere dell'aria lungo le ali, che spinge in su. Come gli uccelli in generale, le sue ali già erano adatte al compito per forma e struttura, la digestione ottima e veloce, i polmoni tanto potenti da essere in grado di fornire ossigeno per lunghi tragitti, lo scheletro solido e assai leggero, la muscolatura dei pettorali vigorosa nonostante fosse magrolino...
Che cosa gli mancava, allora? Intanto la conoscenza.
Non sapeva spiegarsi perché, ad esempio, quando volava basso sull'acqua, a un'altezza inferiore alla metà della sua apertura alare, riusciva a sostenersi più a lungo nell'aria e con meno fatica. Concludeva la planata, lui, mica con quel solito tuffo a zampingiù nel mare, bensì con una lunga scivolata liscia liscia, sfiorando la superficie con le gambe raccolte contro il corpo, in un tutto aerodinamico.
E non capiva come aumentare la portanza e perché mai i falchi fossero così più veloci dei gabbiani. Quanto desiderava raggiungere anche lui i 320 km orari!
Le ali corte di un falco! Ecco la soluzione. Che sciocco, a non averci pensato prima! Quello che occorre è solo un'ala corta: e, allora, basterà che io tenga raccolte le mie ali, che le tenga ritirate, quasi del tutto, e che ne adoperi soltanto le estremità. Ali corte!
Il primo velivolo a motore ha spiccato il volo per 12 secondi alle 10:35 del 17 dicembre 1903. Lo avevano costruito i fratelli Orville e Wilbur Wright.
Ma è stato lo scienziato e matematico russo Nikolaj Egorovic Zukovskij (1847-1921), padre fondatore delle moderne aerodinamica ed idrodinamica, a capire nel 1905 che gli aeroplani riuscivano ad alzarsi grazie all'Equazione del moto dei fluidi di Daniel Bernoulli.
Ndr: è importante ricordare il nome Daniel sia per distinguerlo dal padre Johann, anche egli grande matematico, sia per compensare i sentimenti di conflittuale rivalità che spinsero il padre a screditare il lavoro del figlio.
A colpo d'occhio la formula suggerisce che se si riesce ad ottenere in un fluido una velocità v maggiore sulla superficie superiore, risulterà una pressione p maggiore sulla superficie inferiore. E la differenza di pressione produrrà una spinta verso l'alto. Ecco perchè le ali degli aerei sono bombate sopra! Per fare in modo che il flusso d'aria compia un percorso più lungo sul dorso rispetto al ventre e sia quindi più veloce.
Ad esempio è fondamentale l'angolo formato dal profilo dell'ala con la direzione del moto, definito angolo di attacco. Il pilota controlla l'aereo modificando soprattutto l'angolo di attacco. Se l'angolo di attacco è eccessivo per una data velocità, si creano dei vortici intorno l'ala che riducono la portanza mandando in stallo (mancanza di portanza). Maggiore è la velocità di volo e minore sarà l'angolo massimo di attacco consentito prima che entri in stallo.
Col linguaggio matematico si identificano con chiarezza - cosa ne dite? - i principali elementi in gioco per guardare da lassù a quaggiù senza precipitare:
Aveva così finito di imparare?
L'Anziano Gabbiano CIANG: «[...] velocità perfetta [...] non significa mille miglia all'ora, né un milione di miglia, e neanche vuol dire la velocità della luce. Perché qualsiasi numero, vedi, è un limite, mentre la perfezione non ha limiti. Velocità perfetta vuol dire solo esserci, esser là.[...] È buffo. Quei gabbiani che non hanno una meta ideale e che viaggiano solo per viaggiare, non arrivano da nessuna parte, e vanno piano.»
Qualcosa fa pensare di no.
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